Diritto & Internet

Anche i Big di Internet nella lotta al terrorismo online

Incitamento all’odio online, i primi risultati a seguito dell’adozione del Codice di condotta.

L’abbattimento di barriere fisiche e geografiche reso possibile dall’utilizzo della Rete ha conferito alle piattaforme di condivisione online (social network) un ruolo centrale nella promozione e nella garanzia della libertà di espressione e di opinione dei propri utenti, con modalità e intensità sconosciute ai media tradizionali. Dall’altro lato, questi nuovi sistemi di condivisione hanno notevolmente amplificato i pericoli legati a una diffusione d’informazione capillare e incontrollata, soprattutto quando l’informazione viene strumentalizzata per canalizzare fenomeni di incitamento all’odio e alla violenza. In particolare negli ultimi tempi, l’utilizzo dei social media da parte di associazioni terroristiche a fini propagandistici ha reso più urgente un’azione coordinata da parte di Istituzioni e privati coinvolti, allo scopo di prevenire e circoscrivere questi fenomeni.

Dalle esigenze di cooperazione tra pubblico e privato nasce il “Codice di Condotta sull’illecito incitamento all’odio online”, frutto della collaborazione tra Commissione europea, Stati membri e grandi aziende informatiche (Facebook, Google –Youtube–, Twitter e Microsoft). A seguito della presentazione del Codice nel maggio 2016, la Commissione ha reso pubblici in questi giorni i primi dati che permettono di valutare i progressi della sua concreta attuazione.

A livello europeo era stata adottata, già nel 2008, una decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale (Decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio del 28 novembre 2008), al fine di creare una base giuridica comune per definire i contenuti illeciti (offline e online) e migliorare la cooperazione giudiziaria tra Stati membri in materia. La decisione, secondo la Relazione sulla sua attuazione elaborata nel 2014, risultava essere stata recepita in maniera non integrale o non corretta da diversi Paesi dell’Unione, impegnando la Commissione europea nell’apertura di nuovi dialoghi con gli Stati membri al fine di garantirne la piena e adeguata implementazione.

A seguito degli attentati terroristici di Bruxelles del 2015, il Consiglio straordinario “Giustizia e affari interni” aveva nuovamente sottolineato la necessità di intensificare i lavori in questo campo e di concordare un codice di condotta sull’incitamento all’odio che, affiancandosi ai sistemi giuridici nazionali sanzionatori delle condotte illecite, avrebbe coinvolto in prima linea gli operatori privati.

Il Codice di Condotta, presentato il 31 maggio 2016 dalla Commissione europea e dalle principali piattaforme di condivisione online, rappresenta una dichiarazione di pubblico impegno, da parte degli operatori nel mercato di Internet che lo hanno sottoscritto, nella lotta alla diffusione della propaganda terroristica sulla Rete. In particolare, il Codice prevede l’adozione in ciascuna azienda di procedure organizzative interne e l’adeguata formazione del personale in modo che sia possibile esaminare entro 24 ore la maggior parte delle richieste giustificate di rimozione di contenuti che incitano all’odio e, se del caso, cancellare tali contenuti o renderli inaccessibili. Inoltre, per incoraggiare il pensiero critico e promuovere il dibattito democratico, le Internet companies e la Commissione europea si impegnano nel “proseguire l’opera di elaborazione e promozione di narrazioni alternative indipendenti, di nuove idee e iniziative e di sostegno di programmi educativi”.

Dalle valutazioni elaborate da dodici ONG stabilite in nove diversi Stati membri, a seguito del primo periodo di applicazione del Codice, è emerso che di 600 segnalazioni riguardanti presunti illeciti di incitamento all’odio online, il 28% ha portato alla rimozione del contenuto denunciato. Tuttavia, solo il 40% delle segnalazioni, e non la maggioranza come prevede il Codice, sono al momento visionate nell’arco di 24 ore. Un secondo monitoraggio per valutare i progressi compiuti è previsto nel 2017.

Nel frattempo all’ “EU Internet Forum” dell’8 dicembre, che riunisce intorno a un unico tavolo i Ministri degli interni dell’Unione europea, i rappresentanti delle grandi Internet companies, l’Europol, il Coordinatore antiterrorismo europeo e il Parlamento europeo, sono stati discussi i risultati già raggiunti e i prossimi passi da intraprendere. Tra le iniziative di coordinamento per la lotta contro il terrorismo online, i Big di Internet hanno lanciato il “Civil Society Empowerment Programme”, che, sostenuto da un finanziamento iniziale di 10 milioni da parte della Commissione, aiuterà la società civile nella creazione di narrazioni alternative indipendenti. Il Forum è stato inoltre l’occasione per presentare un nuovo progetto che permetterà di creare un unico database di contenuti a rischio. Immagini o video ritenuti violenti e potenzialmente favorevoli alla diffusione del terrorismo verrebbero “taggati” attraverso un codice identificativo univoco (hash) e schedati nel database. La condivisione del database consentirebbe non solo di eliminare il contenuto originale ma di bloccare ogni eventuale caricamento di copie dello stesso, su una qualsiasi delle piattaforme social coinvolte, impedendone la circolazione.

Avv. Maria Chiara Meneghetti

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