Diritto & Internet

UE: AdWords, sì all'utilizzo dei marchi come parole chiave

google-adwords-logoLa Corte di Giustizia Europea si è pronunciata in favore di Google AdWords, il servizio di inserzioni pubblicitarie che consente di far apparire nei risultati di Google un link “sponsorizzato” mediante la selezione da parte dell’inserzionista di alcune parole chiave. La questione, posta alla Corte Europea da un’interrogazione della Corte di Cassazione francese, verte su se si debba o meno permettere che gli inserzionisti utilizzino, fra le keywords della loro pubblicità,  i marchi registrati di altre società concorrenti.

Il caso, arrivato alla Corte Europea dalla Francia, coinvolge, oltre a Google, l’azienda di moda e design Louis Vuitton Mallatier  che nel  2004 ha denunciato la compagnia di Mountain View per abuso del suo marchio commerciale, perpetuato attraverso l’inserimento di annunci AdWords di società terze (tra cui contrafattori) come risultato di ricerca della parola “Vuitton”.

Condannata in appello a pagare una sanzione di 200.000 euro, Google aveva portato avanti l’istanza fino alla Corte di Cassazione francese che ha interrogato la più alta autorità giudiziaria della UE. La sentenza della Corte Europea ha infine decretato che l’utilizzo di un marchio registrato come parola chiave per indicizzare i risultati di una ricerca non può considerarsi sfruttamento commerciale da parte del provider. E’ semmai sugli inserzionisti che è lecito intervenire con denunce, qualora le pubblicità proposte non esplicitassero la provenienza del prodotto da una società terza rispetto a quella del marchio.

Al provider si applica infatti l’art.14 della Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE, che non prevede responsabilità giuridiche per il prestatore di un servizio di posizionamento su Internet quando non abbia svolto un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo dei dati memorizzati: ” Se non ha svolto un siffatto ruolo, detto prestatore non può essere ritenuto responsabile per i dati che egli ha memorizzato su richiesta di un inserzionista, salvo che, essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, egli abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l’accesso agli stessi.”

La decisione della Corte di Giustizia Europea ribadisce quindi nuovamente la non responsabilità del fornitore di servizi, in contrasto con le sentenze recentemente emesse in Italia nei casi Google Vividown e Google vs. Mediaset.


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Direttore Scientifico
Prof. Avv. Giusella Finocchiaro
Curatrice Editoriale
Dott. Giulia Giapponesi

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