Diritto & Internet

Crowdsourcing libero da autorizzazioni ministeriali se non viene utilizzato per selezionare il personale

Manage-Your-CrowdsourceLe imprese titolari di siti di Crowdsourcing non sono tenute ad ottenere l’autorizzazione ministeriale preventiva per la somministrazione di lavoro, purché l’attività del sito non sia finalizzata alla selezione di personale.

In risposta ad un’istanza di interpello presentata da Confindustria, il Ministero del lavoro si è pronunciato in merito alla corretta interpretazione dell’art. 4 del D.Lgs. n. 276/2003 (legge Biagi), concernente l’autorizzazione preventiva rilasciata dal Ministero alle Agenzie per il Lavoro ai fini dell’espletamento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto al ricollocamento del professionale.

La richiesta di Confindustria era in particolare orientata a sapere se anche le società che gestiscono siti di crowdsourcing debbano richiedere l’autorizzazione ministeriale.

Il ricorso al crowdsourcing per la realizzazione di progetti aziendali è una pratica sempre più frequente. Il termine definisce un nuovo modello operativo attraverso il quale un’impresa affida un progetto specifico ad un insieme indefinito di persone che rispondono ad una “chiamata” lanciata in rete su siti dedicati. Questo insieme di persone, definito anche community,  può comprendere volontari, intenditori del settore e liberi professionisti. Solitamente, tra le proposte presentate dai partecipanti l’azienda sceglie quella che ritiene più adeguata non in base all’identità del partecipante ma semplicemente valutando l’aderenza della proposta alle caratteristiche tecniche richieste.

Questo peculiare aspetto vale a distinguere il crowdsourcing dal tradizionale outsourcing, proprio in considerazione del fatto che la realizzazione del progetto o la soluzione del problema viene esternalizzata ad un gruppo indeterminato di persone e non invece ad uno specifico soggetto.

Alla luce di questa considerazione il Ministero del lavoro ha ritenuto possibile sostenere che le attività di intermediazione svolte in crowdsourcing risultano, in linea generale, finalizzate non alla conclusione di contratti di lavoro ma alla mera stipulazione di contratti di natura commerciale, tra i quali la compravendita ex art. 1470 c.c. o l’appalto ex art. 1655 c.c. e s.s. Pertanto non risulta necessaria l’autorizzazione preventiva di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 276/2003, nè tantomeno quella prevista dall’art.6, comma 1, lett. f), con riferimento all’attività di intermediazione svolta dai gestori di siti internet.

Tuttavia, il Ministero ha specificato che nei casi in cui il crowdsourcing si configuri quale attività di ricerca e selezione del personale  l’autorizzazione ex art. 4 rimane necessaria. Rimane inoltre necessaria l’autorizzazione prescritta dall’art. 6 qualora la gestione dei siti internet mediante crowdsourcing sia volta alla realizzazione dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, a condizione che la predetta attività venga svolta senza finalità di lucro e che siano resi pubblici sul sito medesimo i dati identificativi del legale rappresentante.

Pertanto, il Ministero ha chiarito che l’autorizzazione preventiva di cui agli artt. 4 e 6, D.Lgs. n. 276/2003 non è necessaria per lo svolgimento dell’attività di crowdsourcing fintanto che sia volta a promuovere la stipulazione di contratti di natura commerciale tra i quali la compravendita e l’appalto. Nel caso invece l’attività prevedesse la conclusione di contratti d’opera professionale ex art. 2222 c.c., sarebbe necessario richiedere l’autorizzazione qualora dalla stipulazione  del contratto conseguisse un’attività prolungata tale da configurare la costituzione di posizioni lavorative in seno all’azienda committente.

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Direttore Scientifico
Prof. Avv. Giusella Finocchiaro
Curatrice Editoriale
Dott. Giulia Giapponesi

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