Diritto & Internet

Diffamazione sui social network: la nuova interpretazione dell’avvocato generale presso la Corte di Giustizia europea

Recentemente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è stata investita di un rinvio pregiudiziale dall’Oberster Gerichtshof, la Corte Suprema austriaca, in relazione all’obbligo per un prestatore di servizi di hosting di siti web, di cancellare informazioni illecite caricate sul proprio portale.

Il caso riguarda la pubblicazione di un commento degradante nei confronti di una parlamentare austriaca da parte di un utente di Facebook, il quale nel post contestava alla parlamentare di essere una “brutta traditrice del popolo”, un’“imbecille corrotta” e un membro di un “partito di fascisti”. Tale commento, inserito in calce ad un articolo giornalistico, poteva essere consultato da qualunque altro utente della piattaforma. L’Handelsgericht Wien (ossia il tribunale del commercio di Vienna) emetteva quindi un’ordinanza cautelare, imponendo a Facebook di cessare la pubblicazione di accostamenti offensive identici o “dal contenuto equivalente”.

Il caso giungeva dunque alla Corte Suprema austriaca, la quale, a sua volta, ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione relativa alla portata personale e sostanziale degli obblighi che possono essere imposti ad un host provider, in raffronto a quanto previsto dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31/CE. I giudici austriaci inoltre richiedevano una valutazione sulla legittimità dell’obbligo per l’host provider di rimuovere determinati contenuti non solo per gli utenti di uno Stato membro, bensì anche a livello mondiale.

In attesa della decisione finale della Corte, sono state presentate le innovative conclusioni alla causa C-18/18 da parte dell’avvocato generale Maciej Szpunar. L’avvocato generale sostiene infatti che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31/CE non vieta l’intervento del legislatore nazionale volto a costringere Facebook o qualsiasi altro social network ad individuare e a rimuovere le informazioni identiche a quella qualificata come illecita dalla magistratura. È inoltre possibile, limitatamente alle informazioni diffuse dall’utente autore della violazione, costringere l’host provider ad individuare, e cancellare, le informazioni equivalenti a quella qualificata come illecita.

Viene tuttavia chiarito che la normativa europea non impone espressamente tale invasiva tipologia di intervento da parte dell’host provider né la rimozione di informazioni diffuse a mezzo di una piattaforma di rete sociale a livello mondiale. L’avvocato generale precisa infine che l’obbligo nazionale di rimozione non deve mai implicare una sorveglianza generale delle informazioni memorizzate e può quindi discendere solo da una conoscenza derivante dalla notifica effettuata dalla persona interessata o da altri soggetti terzi.

 

 

Dott. Guido Bonzagni

Direttore Scientifico
Prof. Avv. Giusella Finocchiaro
Curatrice Editoriale
Dott. Giulia Giapponesi

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